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assordante e imbarazzato silenzio sul tema.
È ormai evidente che bisogna uscire da questa impasse. Questo articolo ha l’obiettivo, ambizioso, di proporre una soluzione a partire da una considerazione: la dovuta riser- vatezza degli atti, sia da parte degli inquirenti sia da parte dell’Azienda, unita alla mancanza di qualunque titolo all’acquisizione degli atti del- l’indagine e dimestichezza con la materia penale, impedisce qualun- que valutazione credibile nel merito da parte sindacale; conseguente- mente anche la valutazione della appropriatezza delle azioni del- l’Azienda risulta difficoltosa.
In questa condizione di carenza conoscitiva l’unico atteggiamento appropriato – anche a tutela delle persone coinvolte – non può che es- sere “la sospensione del giudizio”.
Questa postura però, pur nella sua ragionevolezza, incorre nel ri-
schio di essere confusa per disinte- resse del Sindacato su questioni for- temente impattanti sulla vita e la di- gnità delle persone o peggio per ignavia o atteggiamento “pilatesco”.
Occorre allora associarla ad una posizione incrollabilmente garantista in grado di assicurare solidarietà sino alla sentenza quantomeno di primo grado; questo atteggiamento deve fondarsi su una scelta irrevo- cabile fatta una volta per tutte e ap- plicabile a tutti i casi, anche a quelli per i quali le compromissioni perso- nali dovessero apparire acclarate, pur ad un primo esame.
Questa scelta garantista an- drebbe associata alla vigilanza da parte del Sindacato sulla puntuale applicazione della tutela legale quando possibile e alla richiesta di limitazione al minimo indispensabile dei provvedimenti che dovesse es- sere necessario assumere a carico dei dirigenti interessati e a tutela
della Azienda, negli altri casi.
Si tratta in definitiva di spostare l’at- tenzione dai fatti alle persone.
Ma perché questa postura sia credibile occorre che diventi una scelta di fondo formalizzata in un provvedimento (una mozione) degli organi statutari del Sindacato, alla quale fare riferimento pubblicamente ogniqualvolta risulti necessario; que- sto solleverebbe la Segreteria pro- tempore da ogni valutazione in me- rito agli eventi.
Anche nello Statuto del Sinda- cato, nella parte in cui si prevede l’espulsione dell’iscritto, occorre pre- vedere che questa possa essere de- liberata sulla base di atti formali e definitivi della Autorità Giudiziaria, non potendo bastare, fra le motiva- zioni, il richiamo a fatti generica- mente gravi e/o a generiche cause di “indegnità”.
Giovanni Gualario